La sempiterna diatriba tra gli strenui difensori del cinema come Arte e
quanti osteggiano una cinematografia che non diverta, trova uno stallo,
di quando in quando, in prodotti come questo di Ki-duk, tutto incentrato
sul "tipo cattivo" interpretato dal suo attore feticcio Cho Jae-Hyun.
Perché sebbene sia questo un film tutt'altro che di facile lettura, è
innegabile la sua capacità di coinvolgere fasce di pubblico di ogni
provenienza. Violento, torbido, spesso al limite della decenza, Bad guy
è un apice creativo dell'ex-pittore coreano, che disgusta e mette a
dura prova i principi morali di chi guarda, eppure svestendolo della
capacità e diritto di smettere di guardare. Cui si aggiunge, a film
finito, l'ancor più viscida sensazione di aver assistito a qualcosa di
grande, e al tempo stesso sporco.
La trama stessa, riassunta in parole, è imbarazzante: un brutto tipo si innamora al primo sguardo di una giovane studentessa e per farla sua decide di metterla al suo livello, la rapisce, la costringe per mesi a prostituirsi, finché la ragazza non cambia completamente il proprio modo di vedere il mondo. Ma come per tutto il cinema di Kim Ki-duk, non ci sono parole adatte a descrivere ciò che solo in sé si realizza. I sentimenti protagonisti sono tutt'altro che sofisticati, ma vivi e presenti nella loro concretezza, fisici perfino. È qui che l'amore perde la sua poetica dell'Eros e diviene frenetica carnalità, così come l'amore immenso, utopico, è rappresentato dalla privazione del sesso, cosa che in questo contesto risulta ancor meno comprensibile. Tanti sono del resto i temi messi in agenda dal regista in un'opera che lascia il segno, unica nonostante gli echi del cinema classico si percepiscano bassi e continui, un vero capolavoro nel suo genere: un genere che, appunto, non esiste. Fonte
La trama stessa, riassunta in parole, è imbarazzante: un brutto tipo si innamora al primo sguardo di una giovane studentessa e per farla sua decide di metterla al suo livello, la rapisce, la costringe per mesi a prostituirsi, finché la ragazza non cambia completamente il proprio modo di vedere il mondo. Ma come per tutto il cinema di Kim Ki-duk, non ci sono parole adatte a descrivere ciò che solo in sé si realizza. I sentimenti protagonisti sono tutt'altro che sofisticati, ma vivi e presenti nella loro concretezza, fisici perfino. È qui che l'amore perde la sua poetica dell'Eros e diviene frenetica carnalità, così come l'amore immenso, utopico, è rappresentato dalla privazione del sesso, cosa che in questo contesto risulta ancor meno comprensibile. Tanti sono del resto i temi messi in agenda dal regista in un'opera che lascia il segno, unica nonostante gli echi del cinema classico si percepiscano bassi e continui, un vero capolavoro nel suo genere: un genere che, appunto, non esiste. Fonte
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